Basilio Rizzo
Gruppo consiliare Sinistra per Pisapia Federazione della Sinistra
Presidente Consiglio Comunale di Milano
Presidente Consiglio Comunale di Milano
Sono nato nel milanesissimo quartiere del Giambellino nel novembre del 1946.
Ma nella mia famiglia il dialetto era il calabrese: i miei genitori appena sposati ed a guerra appena finita sono venuti al nord per sfuggire alla fame e alla disoccupazione.
Nell'immediato dopoguerra, lo dico come curiosità, i più poveri abitavano nelle case danneggiate dai bombardamenti così alla mia famiglia è toccato abitare in via San Paolo e a me frequentare l'asilo di via della Spiga… naturalmente con la ricostruzione ritornammo in periferia.
Il boom economico, il non risparmiarsi nel lavoro, lo spirito di sacrificio permetterono ai miei genitori di assecondare i miei buoni risultati scolastici e così entrai nella seconda metà degli anni sessanta all'Università.
E' lì che iniziò nel mitico '68, l'impegno politico. Laurea in fisica indirizzo nucleare, scelta legata al sogno di una energia “democratica” a basso prezzo ed in grado di garantire alle nazioni in via di sviluppo una crescita economica adeguata con conseguente progresso sociale.
Nel frattempo picchetti di solidarietà ai cancelli davanti alle fabbriche ed i primi comitati unitari studenti lavoratori.
Le lotte studentesche a Città Studi ebbero un orientamento molto pragmatico: conquistammo i corsi serali per i lavoratori studenti, ed una didattica centrata sui gruppi di studio e non sull' ”autoritaria” lezione ex-cathedra.
Partecipai alla nascita delle prime formazioni dette “extraparlamentari” ed al loro progressivo cammino verso le istituzioni. Avanguardia Operaia formò con il PDUP Democrazia Proletaria che conquistò una presenza parlamentare.
Giunsi anch'io in una istituzione. Nel 1983 entro a Palazzo Marino e vengo confermato in tutte le elezioni successive fino ad oggi.
L'impegno politico e sociale ipotizzava in quegli anni una totale dedizione; soprattutto per quelli cui venivano riconosciute capacità, qualità e dunque ruoli di direzione.
Il mio testardo modo di pensare mi consentì, tuttavia, di resistere alle forti richieste di fare politica a tempo pieno. Non diventai mai un “funzionario di partito”; volli sempre fortissimamente un lavoro “normale” fonte di certezza economica ed in grado quindi di consentirmi indipendenza di pensiero.
L'unica concessione che feci fu quella di rinunciare al lavoro in azienda e di scegliere l'insegnamento per il maggior tempo libero che lasciava.
Dal 1973 sono stato insegnante di elettrotecnica all'Itis “Ettore Conti” fino al 2009 quando ho cessato il servizio per pensionamento.
D'altra parte il fisico che sognava anche per l'Italia la nascita di una industria nucleare, aveva ormai lasciato il posto al “conferenziere” che nell'ambito del nascente movimento ambientalista girava per convegni ed assemblee propagandando il “Nucleare, No Grazie!”
L'ingresso nel Consiglio Comunale mi obbligò ad una conversione nel campo di attività.
Era l'ambito amministrativo che assorbiva ormai il mio impegno. E poiché sono sempre stato in gruppi consiliari minuscoli, a volte addirittura solo, dovevo occuparmi un po' di tutto. Mi trovai, uomo di sinistra, a fare opposizione a giunte descritte come “giunte rosse”. Non è stato né facile, né gratificante, ma gli anni di tangentopoli dimostrarono che avevo visto giusto.
Con Emilio Molinari ed Elio Veltri in Regione, molto osteggiati dalla politica ufficiale, ma con l'aiuto di un giornalismo un po' più coraggioso e libero di oggi, smascherammo l'intreccio tra politica ed affari che prosperava in un sistema che aveva elevato il consociativismo anche a modello di governo della città (anche se, per questo, sia chiaro, non credo di aver fatto cose straordinarie – l'onestà non è un merito, ma un dovere – ma solo scelsi di non chiudere gli occhi e di non fare sconti a nessuno).
Se mi è permesso dirlo la Magistratura e Mani Pulite sono arrivate solo qualche anno dopo.
In quegli anni la cosa più importante cui credo contribuii fu quella di far diventare oggetto di attenzione a livello, potremmo dire, di massa il complesso delle scelte urbanistiche. La resistibile ascesa di Ligresti, l'urbanistica contrattata, il piano Casa, le aree d'oro non erano più argomenti per addetti ai lavori, ma se ne discuteva in assemblee affollate, in convegni, nei quartieri.
Alla stagione di tangentopoli seguì il governo leghista. Di quel periodo ricordo con soddisfazione la mia elezione a Presidente della Commissione Urbanistica: con il voto di alcuni dissidenti leghisti divenni il primo membro dell' opposizione a guidare la più importante Commissione Consiliare. Mi dimisi all'indomani dell'affermazione, nella Lega, di una netta impostazione secessionista che a mio avviso rendeva impossibile anche una benché minima forma di collaborazione istituzionale.
Sconfitta la Lega giunse l'era Albertini.
Diventò ancora più deciso il mio impegno di oppositore (mentre per la verità qualcuno tra noi dell'opposizione sembrava volergli aprire – ahimè quanto sbagliando! – una “linea di credito” considerano la sua pretesa “impoliticità” un elemento di diversità dal centro destra e da Berlusconi).
Ho combattuto in particolare privatizzazioni, esternalizzazioni e vendite del patrimonio pubblico che mi paiono essere state, malgrado i molti fallimenti, il tratto caratteristico del governo di Milano di questi anni.
Impegno che è proseguito anche durante l’Amministrazione Moratti e sulle ultime vicende (assunzioni d’oro, derivati, bonifiche, abusi urbanistici- Batcasa), per la loro vicinanza nel tempo, credo sia maggiore la memoria di chi legge.
Oggi, rieletto nella lista Sinistra per Pisapia - Federazione della Sinistra ricopro la carica di Presidente del Consiglio Comunale.
Resta, come chiusa finale, da dire che il tempo dedicato alla politica… lo sottraggo, non senza sensi di colpa, ad una splendida famiglia: Marta mia moglie, Lorenzo e Cecilia i miei figli, oggi studenti universitari.
Funge il ricordarli come piccolo ringraziamento per la molta pazienza con cui mi sopportano.
Ma nella mia famiglia il dialetto era il calabrese: i miei genitori appena sposati ed a guerra appena finita sono venuti al nord per sfuggire alla fame e alla disoccupazione.
Nell'immediato dopoguerra, lo dico come curiosità, i più poveri abitavano nelle case danneggiate dai bombardamenti così alla mia famiglia è toccato abitare in via San Paolo e a me frequentare l'asilo di via della Spiga… naturalmente con la ricostruzione ritornammo in periferia.
Il boom economico, il non risparmiarsi nel lavoro, lo spirito di sacrificio permetterono ai miei genitori di assecondare i miei buoni risultati scolastici e così entrai nella seconda metà degli anni sessanta all'Università.
E' lì che iniziò nel mitico '68, l'impegno politico. Laurea in fisica indirizzo nucleare, scelta legata al sogno di una energia “democratica” a basso prezzo ed in grado di garantire alle nazioni in via di sviluppo una crescita economica adeguata con conseguente progresso sociale.
Nel frattempo picchetti di solidarietà ai cancelli davanti alle fabbriche ed i primi comitati unitari studenti lavoratori.
Le lotte studentesche a Città Studi ebbero un orientamento molto pragmatico: conquistammo i corsi serali per i lavoratori studenti, ed una didattica centrata sui gruppi di studio e non sull' ”autoritaria” lezione ex-cathedra.
Partecipai alla nascita delle prime formazioni dette “extraparlamentari” ed al loro progressivo cammino verso le istituzioni. Avanguardia Operaia formò con il PDUP Democrazia Proletaria che conquistò una presenza parlamentare.
Giunsi anch'io in una istituzione. Nel 1983 entro a Palazzo Marino e vengo confermato in tutte le elezioni successive fino ad oggi.
L'impegno politico e sociale ipotizzava in quegli anni una totale dedizione; soprattutto per quelli cui venivano riconosciute capacità, qualità e dunque ruoli di direzione.
Il mio testardo modo di pensare mi consentì, tuttavia, di resistere alle forti richieste di fare politica a tempo pieno. Non diventai mai un “funzionario di partito”; volli sempre fortissimamente un lavoro “normale” fonte di certezza economica ed in grado quindi di consentirmi indipendenza di pensiero.
L'unica concessione che feci fu quella di rinunciare al lavoro in azienda e di scegliere l'insegnamento per il maggior tempo libero che lasciava.
Dal 1973 sono stato insegnante di elettrotecnica all'Itis “Ettore Conti” fino al 2009 quando ho cessato il servizio per pensionamento.
D'altra parte il fisico che sognava anche per l'Italia la nascita di una industria nucleare, aveva ormai lasciato il posto al “conferenziere” che nell'ambito del nascente movimento ambientalista girava per convegni ed assemblee propagandando il “Nucleare, No Grazie!”
L'ingresso nel Consiglio Comunale mi obbligò ad una conversione nel campo di attività.
Era l'ambito amministrativo che assorbiva ormai il mio impegno. E poiché sono sempre stato in gruppi consiliari minuscoli, a volte addirittura solo, dovevo occuparmi un po' di tutto. Mi trovai, uomo di sinistra, a fare opposizione a giunte descritte come “giunte rosse”. Non è stato né facile, né gratificante, ma gli anni di tangentopoli dimostrarono che avevo visto giusto.
Con Emilio Molinari ed Elio Veltri in Regione, molto osteggiati dalla politica ufficiale, ma con l'aiuto di un giornalismo un po' più coraggioso e libero di oggi, smascherammo l'intreccio tra politica ed affari che prosperava in un sistema che aveva elevato il consociativismo anche a modello di governo della città (anche se, per questo, sia chiaro, non credo di aver fatto cose straordinarie – l'onestà non è un merito, ma un dovere – ma solo scelsi di non chiudere gli occhi e di non fare sconti a nessuno).
Se mi è permesso dirlo la Magistratura e Mani Pulite sono arrivate solo qualche anno dopo.
In quegli anni la cosa più importante cui credo contribuii fu quella di far diventare oggetto di attenzione a livello, potremmo dire, di massa il complesso delle scelte urbanistiche. La resistibile ascesa di Ligresti, l'urbanistica contrattata, il piano Casa, le aree d'oro non erano più argomenti per addetti ai lavori, ma se ne discuteva in assemblee affollate, in convegni, nei quartieri.
Alla stagione di tangentopoli seguì il governo leghista. Di quel periodo ricordo con soddisfazione la mia elezione a Presidente della Commissione Urbanistica: con il voto di alcuni dissidenti leghisti divenni il primo membro dell' opposizione a guidare la più importante Commissione Consiliare. Mi dimisi all'indomani dell'affermazione, nella Lega, di una netta impostazione secessionista che a mio avviso rendeva impossibile anche una benché minima forma di collaborazione istituzionale.
Sconfitta la Lega giunse l'era Albertini.
Diventò ancora più deciso il mio impegno di oppositore (mentre per la verità qualcuno tra noi dell'opposizione sembrava volergli aprire – ahimè quanto sbagliando! – una “linea di credito” considerano la sua pretesa “impoliticità” un elemento di diversità dal centro destra e da Berlusconi).
Ho combattuto in particolare privatizzazioni, esternalizzazioni e vendite del patrimonio pubblico che mi paiono essere state, malgrado i molti fallimenti, il tratto caratteristico del governo di Milano di questi anni.
Impegno che è proseguito anche durante l’Amministrazione Moratti e sulle ultime vicende (assunzioni d’oro, derivati, bonifiche, abusi urbanistici- Batcasa), per la loro vicinanza nel tempo, credo sia maggiore la memoria di chi legge.
Oggi, rieletto nella lista Sinistra per Pisapia - Federazione della Sinistra ricopro la carica di Presidente del Consiglio Comunale.
Resta, come chiusa finale, da dire che il tempo dedicato alla politica… lo sottraggo, non senza sensi di colpa, ad una splendida famiglia: Marta mia moglie, Lorenzo e Cecilia i miei figli, oggi studenti universitari.
Funge il ricordarli come piccolo ringraziamento per la molta pazienza con cui mi sopportano.